Esistono tre tipi di referendum popolari previsti nella nostra Costituzione: abrogativo, confermativo, di passaggio di un comune o di una provincia ad altra Regione.
Sinteticamente, il referendum abrogativo è previsto dall’art. 75: si può abrogare una legge o parte di una legge se lo richiedono cinquecentomila elettori o cinque Consigli regionali: per essere valido deve recarsi alle urne la metà più uno degli aventi diritto.
Il referendum confermativo, o costituzionale, è previsto dall’art. 138: si può confermare una nuova legge costituzionale o una modifica della Costituzione: per essere valido non è previsto alcun quorum.
Il referendum di passaggio ad altra Regione è previsto dall’art. 132: per essere valido deve recarsi alle urne la metà più uno degli aventi diritto.
I tre tipi di referendum previsti dalla Costituzione sono regolati da una legge ordinaria, la n. 352/1970.
Se ci soffermiamo sul referendum abrogativo, il primo che storicamente è stato votato in Italia, risale al maggio del 1974 quando si chiese ai cittadini di abrogare la allora recente legge sul divorzio: prevalse il no e la legge è ancora in vigore. Tutti i referendum abrogativi svolti fino al 1990 hanno raggiunto il quorum della metà più uno degli elettori e quindi erano validi.
Ad eccezione del referendum abrogativo sulla caccia del 1990 che non raggiunse il quorum, nel 1991 e fino al 1997 il quorum è stato sempre raggiunto.
Dal 1997 al 2025 il quorum non è mai stato raggiunto, ad eccezione di quello sui servizi pubblici locali del 2011.
E’ inevitabile chiedersi se sia ancora efficace l’istituto referendario.
Il referendum abrogativo è un istituto di democrazia diretta: è l’unica occasione che ha il Popolo di abrogare una legge o parte di una legge che non condivide. Tuttavia, quanto è previsto dalla Costituzione e dalla legge, limita fortemente l’istituto referendario: dalla raccolta di almeno cinquecentomila firme alla necessità di validare il referendum solo se va a votare la metà più uno degli aventi diritto.
Le proposte messe in campo per la modifica riguardano soprattutto due aspetti: da un lato aumentare la raccolta delle firme da cinquecentomila a ottocentomila se non a un milione; dall’altro, effettuare la riforma dell’art. 75 della Costituzione, prevedendo che il referendum sia valido a prescindere dal numero di elettori che si reca alle urne, come avviene per il referendum confermativo o costituzionale.
Fino ad allora, astenersi dall’andare a votare non produce alcuna conseguenza di alcun genere e molti elettori decidono di non recarsi alle urne del referendum abrogativo per contribuire a non raggiungere il quorum e quindi renderlo non valido.
Carlo Crapanzano


